Sono convinto che ogni nostro comportamento, anche quello meno desiderato e considerato da noi quindi negativo, nasconda in realtà un vantaggio secondario che è il propulsore di quello stesso comportamento.
Mi spiego meglio. Sarà capitato sicuramente a qualcuno di noi almeno una volta nella vita di trovarci in una situazione nella quale abbiamo percepito la sensazione di non avere nessuna possibilità di scelta, come fosse un comportamento coatto, obbligato, che preferiremmo sostituire con qualcos’altro; oppure trovarci nella condizione di voler fare qualcosa che non riusciamo a fare, qualcosa che vorremmo fare ma ci viene impedito da qualcuno o qualcos’altro.
In una delle probabili condizioni su indicate è fuori dubbio che dentro di noi vige un conflitto tra i nostri desideri consci e la struttura di quelli inconsci.
Mentre avvertiamo consciamente le sensazioni spiacevoli di un nostro comportamento indesiderato, ritenuto da noi non soddisfacente per la nostra persona quali organismi totali adulti, contestualmente cerchiamo di motivare razionalmente quello che facciamo, tralasciando un aspetto molto importante, quello relativo alla nostra parte inconscia.
L’inconscio è molto più potente della coscienza e dei nostri veri bisogni ne sa molto di più della coscienza stessa.
Eppure, anche laddove questo concetto sia considerato vero, nel momento in cui l’inconscio cerca di comunicare con la nostra parte cosciente attraverso un suo “linguaggio” ben definito non siamo quasi mai preparati e pronti a riconoscerlo.
Abbiamo detto che in ognuno di noi, l’inconscio, ne sa molto più della parte cosciente e di quello che desidereremmo nel nostro intimo più profondo, per cui diventa sempre più evidente che intende comunicare con la nostra parte conscia.
Ok, ma in che modo l’inconscio comunica?
E se dicessi che l’inconscio comunica spingendoci ad assumere proprio quel comportamento che vorremmo evitare, oppure a non assumere quel comportamento specifico che desidereremmo mettere in atto e che tuto questo lo fa con il fine di proteggerci da qualcosa che ritiene svantaggiosa per noi?
Strano, vero? Qualsiasi persona se dovesse commentare quanto ho appena detto, probabilmente, direbbe che ciò è illogico, irrazionale.
Infatti è vero ciò!
Da un punto di vista razionale, è sicuramente impensabile, ma siccome stiamo parlando della nostra parte emotiva, di ciò che risiede nell’inconscio, in quella parte profonda di noi, dove le regole della razionalità non trovano spazio, il tutto assume un linguaggio diverso da quello logico.
Potrei aggiungere che il modo di fare dell’inconscio, ad esempio quello di spingerci ad assumere o meno uno specifico comportamento, è come se lo facesse per attirare la nostra attenzione su alcuni aspetti importanti del nostro vissuto, ai quali noi generalmente non facciamo riferimento consciamente.
Allora se il modo di funzionare dell’inconscio è anche quello di spingerci obbligatoriamente, in maniera “coatta”, a creare comportamenti indesiderati, quale potrebbe essere lo scopo finale che lo stesso inconscio si prefigge?
Forse, se non ci limitassimo solo a considerare il comportamento indesiderato quale fastidio e cominciassimo a chiederci cosa si nasconde dietro ad esso, probabilmente scopriremmo che c’è una parte di noi con la quale dovremmo instaurare un “dialogo”, un rapporto di rispetto e collaborazione.
In noi esistono più parti che ci compongono.
Grazie a quel fantastico biocomputer (cervello), di cui siamo dotati, dalle sue caratteristiche infinite di produrre, generare, continuamente pensieri consci ed inconsci, siamo in grado di creare anche molte parti all’interno del nostro sistema psicoemotivo, che possono incorrere in conflitti tra loro.
Questi conflitti interiori, potrebbero essere celati proprio dalla nostra parte inconscia, la quale evita di farli affiorare alla nostra coscienza perchè ritiene che ciò non sia per noi produttivo, almeno fino a quando non avremo messo d’accordo proprio le parti inconsce che si trovano in conflitto tra di loro.
Rimane il fatto che proprio ciò che riseiede nella nostra parte più profonda, abbia il sopravvento sulla parte conscia governando i nostri comportamenti.
Immagino inoltre che qualcuno stia già pensando: cosa vuol dire che ci sono parti dentro di noi che non affiorano alla coscienza e che ci governano e con le quali dobbiamo instaurare un dialogo ed una collaborazione?
Comprendo che ciò può destare quanto meno perplessità, in particolare per chi è molto logico e razionale e che non sia facile da pensare consciamente quello che ho appena affermato e quanto sto per dire, ma in noi possono coesistere diverse parti di cui non siamo coscienti ma che in qualche modo hanno la funzione di prendersi cura di noi, facendoci fare appunto anche cose che vorremmo evitare.
A questo punto, potrei esasperare il concetto con questo esempio:
immaginiamo una bella donna, con una silhouette armoniosa e magra. Nel tempo i rapporti con il suo partner cominciano a vacillare e la coppia non vive più l’intesa e la complicità che viveva quando si erano conosciuti.
La donna ha anche avuto un’educazione molto rigida ed ha sviluppato delle convinzioni dentro di sé che le dicono che l’uomo con il quale vive, dovrà essere quello per tutta la vita e poi, ci sono anche i figli e per lei, loro sono comunque da proteggere.
Quindi diventa impossibile per questa donna immaginare di crearsi una nuova relazione di coppia e tutto questo sviluppa nel suo sistema psichico un turbamento emotivo. Comincia a vivere malamente sia il rapporto con il partner che con i figli e questo può estendersi anche alla sua vita sociale nelle relazioni con gli altri, anche al di fuori della famiglia, nelle relazioni interpersonali in generale, ma soprattutto con se stessa.
Ma la donna ha l’esigenza di appagare ugualmente un bisogno emotivo che si agita dentro di sé e lo fa generando un nuovo comportamento che in questo esempio, possiamo immaginare che trovi sfogo nel canale dell’alimentazione.
Il suo modo di alimentarsi cambia e lei comincia anche a cambiare le misure del suo corpo, trasformando la sua silhouette armoniosa in una forma corporea più evidente ma non invitante. Lei è consapevole che quel corpo non le appartiene, non lo vuole, ed entra in conflitto ulteriormente con se stessa, come se ci fosse qualcosa dentro di lei che le dicesse:
“guarda che corpo che hai creato! Devi smettere di mangiare nel modo come lo fai!”
Ma nonostante tenti qualsiasi intervento, anche le diete mediche controllate, non riesce a tornare come prima. Anzi, diciamo che aumenta il suo stato di stress psicofisicoemotivo. Dimagrisce ma poi riprende peso. Non riesce a capire perché, lei che ci teneva molto alla sua silhouette armoniosa e magra, vive ora una situazione antipatica e stressante.
Ora la donna anche se cosciente del degrado in cui verte il suo fisico, si trova in una situazione dove , avverte un grado eccessivo di insoddisfazione a cui cerca di dare razionalmente diverse giustificazioni.
In qualche modo crea “etichette” che possano dare luogo a risposte razionali. Comincia a fare obiettivi della sua insoddisfazione qualcosa o qualcun altri. Deve in qualche modo giustificare a se stessa (e forse ad altri) razionalmente, quale donna adulta e consapevole delle proprie azioni e capacità, la sua insoddisfazione psicofisicaemotiva .
Valutando il quadro descritto sopra, non mi meraviglierei di scoprire ad esempio che il vantaggio secondario del suo comportamento indesiderato (alimentazione scorretta) sia quello di proteggerla dall’eventualità di crearsi un nuovo rapporto di coppia che a questo punto, potrebbe rivelarsi come una libertà eccessiva e quindi trasgressiva.
Una libertà che le viene invece vietata dalla “sentinella” che risiede nel suo inconscio e che le dice che se dovesse continuare ad essere una bella donna apprezzabile fisicamente, potrebbe essere oggetto di attenzioni per l’altro sesso, spingendola appunto a trasgredire.
Ma questo lei non se lo può permettere perché il suo senso del dovere le impone di mettere in evidenza (eccessivamente) la sua famiglia, i suoi figli ed il marito (…un uomo è per sempre a qualunque costo…..).
Queste sono le regole alle quali risponde ora la donna e che le sono state indotte, prima attraverso vincoli sociali e successivamente sono diventate la base del vincolo individuale che si è creata e al quale crede profondamente dentro di sé, divenendo il riferimento inconscio che la spinge ora verso una direzione piuttosto che nell’altra.
Ecco quindi che ritorna prepotentemente la necessità di instaurare un dialogo con la parte o le parti responsabili del comportamento ritenuto indesiderato dalla persona stessa, affinché si possa creare un vero e proprio rapporto di collaborazione tra la coscienza e l’inconscio.
Questo passaggio è essenziale in quanto getterà le basi per elaborare nuove alternative di comportamento, che possano compensare, se non soddisfare al meglio, la funzione che la parte responsabile del comportamento indesiderato tentava di assolvere dietro la sua spinta emotiva, inducendo il soggetto a fare o non fare una determinata cosa.
In questo articolo ho voluto enfatizzare(1) il concetto di “vantaggio secondario” con l’esempio di un racconto immaginario, che prende comunque spunto da possibili situazioni che si potrebbero riscontrare nella vita reale.
Invito però gli utenti ad evitare di attribuire quanto da me descritto in questo articolo a proprie situazioni personali, le quali necessitano sempre ognuna di una valutazione frontale ed individuale.
In questo spazio mi interessa solo muovere alcuni argomenti che possono essere oggetto di riflessione e discussione tra i lettori delle pagine di “Più Che Puoi”.
Cordialmente
Massimo Catalucci
(1)enfatizzare: mettere in evidenza, in risalto con la parola
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